- Premessa: le condizioni di utilizzo
- Ergonomia e costruzione
- AF rispetto a Em1: passo avanti decisivo
- Elettronica e altre cose
- A proposito del white balance
- Recap: Om1.II rispetto a Em1
Premessa: le condizioni di utilizzo
E’ necessaria qualche premessa: parlo della mia esperienza solo perché è quella più vicina che ho, e questo significa che è comunque molto limitata. Ognuno ha il suo modo di scattare, quindi ognuno incontra limiti e punti forti diversi nella stessa attrezzatura. Ma tant’è.
Ho la macchina da circa 3 mesi, e la uso ormai per tutti i lavori. Dopo qualche settimana di studio e di uso ricreativo per familiarizzare con le novità, è presto diventata la prima macchina, sostituendo la Em1.III e la Em1.II, retrocesse a seconda e terza macchina. La Om10 mkII, la primissima che ho
Finora ho accumulato poco più di 30000 scatti, di cui la metà con shutter elettronico. L’ho usata sotto la pioggia battente e prolungata, nella nebbia, nel fumo; non l’ho ancora usata con il freddo, e comunque sto ancora modificando settaggi e approfondendo la conoscenza della macchina: questo è il resoconto pratico della mia esperienza in questi mesi.
Perciò, considera questo articolo come se fosse interattivo: confrontandomi con le esperienze di altri, arricchirò man mano con altre informazioni o riflessioni. Se hai commenti, obiezioni, domande, lasciali qui sotto o sui social!
Per le uscite personali in bici preferisco usare la Em1.III, un po’ per preservare la nuova ammiraglia, un po’ per due caratteristiche che la rendono superiore alla EM1.II: primo, la memoria del punto di messa a fuoco tra orizzontale e verticale, che mi è sempre utilissimo; secondo, l’high-res a mano libera, che in (rari) casi torna utile. Se non fosse per queste due possibilità, userei la più vecchia e sacrificabile EM1.II.
Ho saltato la Om1 markI, approfittando invece dei prezzacci a cui, al momento del lancio, si trovava la Em1.III. In seguito, l’entusiasmo piuttosto mitigato che è emerso dalle recensioni a lungo termine non mi ha fatto rimpiangere questa scelta prudente: al di fuori dell’avifauna, non sembrava una macchina molto diversa dall’ultima generazione della EM1.
Torniamo alla Om1 II e vediamo più nel dettaglio.
Ergonomia e costruzione
- menu migliorato rispetto al tradizionale Olympus
- ottima costruzione e feeling generale
- lievemente più rapida ad accendersi
- ghiere e pulsanti: customizzazione approfondita, come da tradizione
- uso a una mano: un po’ meglio, un po’ peggio
Costruzione e feeling generale
Venendo dalla serie Em1, mi sono trovato per lo più “a casa”. Il cambiamento principale è stato il menu, completamente rivisto e sensibilmente più intuitivo dei fantasiosi menu Olympus. La funzione mymenu (già presente su Em1.III) è preziosissima, e le spiegazioni delle singole voci (tasto INFO) aiutano a chiarire quello che serve. Comunque tutto è dove ci si aspetta che sia, dalla gestione delle schede SD alle funzioni computazionali. Insomma, niente da dire da questo punto di vista.
La costruzione dà una sensazione ottima, diciamo che sembra un carro armato, in continuità con la serie EM1, che già era robusta e ben tropicalizzata. Come sappiamo, la OM1 ha introdotto la certificazione IP53, e la mark II la mantiene. Ultimamente ho preso più acqua del solito, ma in generale la resistenza agli agenti atmosferici è un criterio fondamentale per come scatto: pioggia, fango e neve non sono situazioni così eccezionali, e sono una parte importante del divertimento. Le ghiere in gomma sono molto piacevoli; non ho testato la Om1 prima serie, che a quanto pare dava un po’ di problemi da questo punto di vista. A questo proposito, la posizione della ghiera anteriore è lievemente diversa: gli automatismi acquisiti con la serie Em1 vanno rivisti, ma è solo questione di tempo e abitudine perché ritornino.
La sensazione allo scatto è ottima; lo shutter ha un bel feedback. La macchina ha qualche istante di lag, e in questo non ho notato miglioramenti rispetto alle vecchie ammiraglie; ma niente di grave, è sufficiente conoscere un pochino la macchina per regolarsi a dovere. Va detto che uso l’impostazione del refresh “normal” per preservare la batteria. Farò un po’ di prove con la modalità “high”.
Sempre a proposito di velocità, è un piacere constatare che l’accensione è sensibilmente più rapida. Con le EM1 mi capitava spesso di perdere qualche scatto a causa dei diversi secondi necessari all’accensione, in particolare quando riaccendevo subito dopo averla spenta – cosa molto frequente: pensi che l’azione sia finita, invece un secondo dopo sbuca il ciclista all’inseguimento. Con la OM.II il problema si è quasi azzerato.
Customizzazione
Parlando di customizzazione, anche qui c’è continuità e miglioramento rispetto alla vecchia serie. Quasi tutti i pulsanti sono quasi completamente customizzabili, ed è una cosa che consiglio vivamente di fare anche se richiede diversi tentativi e molto tempo.
Oltre a ciò, il nuovo pulsante AF-ON aggiunge un’opzione di customizzazione interessante. Lo sto ancora provando, perché è molto sensibile e spesso mi capita di attivarlo per sbaglio, ritrovandomi poi delle impostazioni inadatte allo scatto; ma sono sicuro che troverò la sua utilità. Potrebbe essere utile per esempio per richiamare ancora più rapidamente una delle modalità C.
Al momento ho settato il pulsante AEL per attivare/disattivare il riconoscimento del volto. Mi sto esercitando a usare il pulsante ISO (in alto a destra), anche se mi trovo bene a cambiarli con il pulsante anteriore di fianco all’obiettivo, perché mantengo una presa più salda e posso comunque usare il pollice per spostare il cursore. Vecchie abitudini dalla EM1.
Per il resto, la customizzazione è più completa e più approfondita rispetto alla EM1, e sospetto che ci siano alcuni cambiamenti anche rispetto alla OM1. La cosa più gradita, a parte i pulsanti, e la personalizzazione completa delle griglie di AF; ci torniamo più avanti.
Uso a una mano: meglio e peggio.
L’uso a una mano è migliorato leggermente, ma peggiorato un po’ di più: da un lato il tasto menu è ora a destra, e quindi è raggiungibile più facilmente senza usare la mano sinistra. E’ un miglioramento molto trascurabile, dato che comunque il menu serve a richiamare funzioni avanzate e di uso saltuario; tendenzialmente, tutte le cose utilizzate di frequente sono già richiamabili con i tasti personalizzati.
Dall’altro, e questo è più importante, la leva di accensione (pulsante AEL) è la stessa della OM1.I, e quindi molto più piccola rispetto a quella della serie EM1. In pratica, senza guanti è un po’ più scomoda da trovare con il pollice, mentre con guanti un po’ spessi (come gli Shimano che uso d’inverno) è di fatto inutilizzabile. Peccato.
AF rispetto a Em1: passo avanti decisivo
- CAF punto singolo: velocità e precisione maggiori
- riconoscimento volti sufficientemente efficace
- personalizzazione completa della griglia
- limitatore AF
- Visibilità dei cursori: peccato!
CAF punto singolo più veloce e più preciso.
La prima cosa da menzionare è la velocità di messa a fuoco. Già con la Em1.III la reattività con punto singolo e fuoco continuo era ottima. Qui è ulteriormente migliorata. Ma soprattutto è migliorata la precisione: spesso con la EM1 (indistintamente II e III) c’erano problemi di hunting qua e là: anche in una sequenza a raffica, ogni tanto la macchina perdeva il fuoco mettendolo a infinito o al minimo, e poi doveva ricominciare daccapo per lo scatto successivo; questo anche in condizioni relativamente comode, con contrasti elevati e soggetti in movimento trasversale. Questo limite era particolarmente evidente con soggetti che venivano incontro/si allontanavano: in questi casi il tasso di foto fuori fuoco saliva abbastanza. Con la OM1.II, questo problema sembra del tutto sparito. Tutto qui, molto semplice. L’AF funziona egregiamente.
In alcune situazioni, per prevenire ulteriormente il problema può essere utile attivare il limitatore AF, impostando distanze approssimative: è quello che ho fatto in un lavoro di hitball, in cui eravamo in palestra. Impostando una distanza massima molto generosa di 40m, mi sono assicurato che la macchina non perdesse tempo a cercare di mettere a fuoco chissà cosa fuori dalla palestra. In altre situazioni può essere utile impostare anche un limite minimo. D’altra parte è una funzione così utile che su alcuni obiettivi le viene deputato un pulsante ad hoc: sicuramente è utile averla digitalmente.
Riconoscimento volto: efficace quanto basta
Il risultato migliora ancora di più attivando il tracking soggetto con riconoscimento volto. L’ho impostato con priorità di zona di MAF (quindi, se ho capito bene, l’algoritmo cerca volti prima nella zona del cursore). Come si vede dalle gallerie sotto, anche in presenza di ostacoli, come filo spinato, nastri appesi, fumo e pioggia, la MAF è precisa con soggetti a 10-15 metri, spesso anche di più. Dalla mia esperienza finora, il tutto è molto affidabile: non è capitato che il quadrante captasse il soggetto ma lo scatto fosse poi fuori fuoco. In alcune raffiche di una decina di scatti è capitato che uno fosse lievemente fuori fuoco – diciamo sul braccio invece che sul volto, ad esempio – ma si tratta di 1 caso su 100, assolutamente niente di problematico.
Per farci un’idea, basta vedere le serie qui sotto. Il primo giorno ho scattato al filo spinato, occasione perfetta per mettere alla prova l’algoritmo: tra fili d’erba troppo alti e fili spinati molto bassi, beccare e tenere il volto non è cosa semplice nonostante la distanza relativamente ravvicinata (dai 18 ai 3m). Ho usato il 40-150 f2.8 con scatto singolo e riconoscimento volto, e questi sono i JPEG della macchina. Qualche volta l’AF ha fatto cilecca (vedi sotto l’ultima foto con fuoco sull’erba); ma su una giornata di scatti quelli sbagliati si contano sulle dita di una mano.
Per il turno di notte ho usato la stessa combinazione di macchina e obiettivo in un contesto diverso: gli anelli, in cui i concorrenti devono attraversare, appesi, una struttura in metallo. Anche qui, con luce calante, le difficoltà non mancano: non solo i nastri, le sbarre e gli anelli che pendono; ma soprattutto l’oscillazione continua dei partecipanti, che dondolano per agganciare il prossimo appiglio. In pratica, un casino. Eppure la macchina lavora in modo molto sicuro, con qualche lieve imperfezione su un mucchio di foto.
Ho potuto provare per un’oretta una Canon R6II con il 70-200 2.8 di una collega; entrambe mi sono sembrate superiori alla OM, per quanto fosse una prova limitata; ma quest’ultima è comunque ottima e più che adeguata per lavorare. Le foto dovrebbero essere abbastanza chiare su questo punto.
Il sabato e la domenica ho passato le giornate al finish, con una combinazione di 3 macchine: due fisse su treppiede, con il 7-14 e con il 12-40 (poi sostituito con il 17mm 1.2 quando si è infradiciato); a mano ho tenuto ancora una volta la Om1.II con il 40-150mm 2.8 Pro. In questa situazione le difficoltà sono forse meno marcate, ma più variegate: il fumo non aiuta a mettere a fuoco le persone che vi sono dietro; la pioggia disturba ulteriormente; infine, gli atleti e le atlete corrono verso di me, con un movimento che non facilita il compito all’AF.
P.s. le foto da sinistra sono scattate con la EM1 e fuoco fisso.
P.p.s: non badare alla postproduzione aggressiva: è lo stile Sportograf.
La stessa situazione mi è capitata alla Granfondo New York di Villard de Lans (dove un mio amico si è divertito a scattare panorami con un vecchio 500mm catadiottrico): uno degli spot era su un rettilineo in discesa, e le bici passavano tra i 30 e i 50kmh a circa 5m: la reattività era fondamentale, e anche in questo frangente il riconoscimento facciale mi ha dato una mano. A causa del casco e degli occhiali si attivava sempre molto all’ultimo, a distanza ravvicinata; ma mi ha consentito di fare qualche scatto buono in più senza stancarmi, rispetto all’uso classico a punto singolo.
Anche durante la Spartan Race, il riconoscimento facciale è stato molto utile per riposarmi un po’, dato che ho scattato per circa 10h sabato e altrettante domenica. E anche in questo caso è stato molto efficace.
Altra nota piacevole è la personalizzazione completa della griglia e dei cursori di messa a fuoco: preferisco di gran lunga la velocità alla precisione, nel senso che non mi interessa avere 1000 punti di messa a fuoco, perché significa che ho bisogno di molti click per andare da una parte all’altra. Tendenzialmente uso una griglia un po’ ridotta, e nella modalità custom per il panning la uso ridotta al minimo, con 4 colonne e 3 righe di punti di messa a fuoco. Anche i colori sono abbastanza personalizzabili… tranne uno: ne parliamo subito.
Visibilità dei cursori: peccato!
C’è qualcosa che non va nell’AF? Sì, anche se a dire il vero non riguarda l’AF, ma lo schermo in generale. A dire il vero, è l’unico vero difetto che trovo al momento nella macchina: la visibilità del quadratino di messa a fuoco è davvero scarsa sullo schermo LCD. Mi trovo spesso a scattare in condizioni di forte luce, e altrettanto spesso con uno sfondo verde di erba o boschi. Il quadratino verde si perde subito, e mi capita regolarmente di doverlo muovere solo per capire dov’è. Sarebbe utile poter cambiare il colore oppure trovare un altro escamotage per farlo uscire da queste situazioni in cui si mimetizza perfettamente con lo sfondo, come ad esempio un lampeggiamento o qualcosa di simile. Non so come mai non riscontrassi questo problema anche nella EM1, sta di fatto che è così.
Elettronica e altre cose
Concludo con alcune considerazioni sparse.
Primo, alcune funzioni computazionali sono effettivamente utili per lavorare meglio, anche se sembrano specialistiche: penso soprattutto al GND, il filtro ND graduale in macchina; oltre a essere una bella tecnologia, è implementato in modo abbastanza intuitivo e veloce; si finisce per usarlo, perché permette di salvare qualche scatto in più. Lo uso quando il cielo è lattiginoso, per avere un po’ più di texture, in alternativa a un classico HDR.
Secondo, la batteria: mi sto trovando bene. E’ ottima con fuoco continuo, mentre attivando il riconoscimento del volto cala vistosamente (e ci mancherebbe pure). Niente di drammatico, ma non urlo al miracolo; in lavori lunghi (come sportograf, ma non solo: anche i reportage pedalati richiedono un’autonomia tutta speciale) il limite si fa sentire.
Va detto che è un limite facilmente aggirabile: la macchina lavora normalmente anche quando è collegata a un powerbank, quindi virtualmente abbiamo una batteria infinita. Inoltre, Patona ci ha viziati creando una linea di batterie in cui si innesta direttamente il cavo USB, le Protect BLX-1 Platinum: praticamente come una dummy battery, ma che in più è una batteria vera. Quindi zero ansia. Usandola tutto il giorno in questo modo, si è scaldata leggermente nella parte sinistra, ma forse quello è il processore; niente da segnalare lato batteria.
C’è un altro piccolo limite che non è imputabile specificamente alla OM1, ma in generale all’ecosistema OM-System: non si possono registrare due macchine contemporaneamente sull’app! E’ necessario registrare una macchina per volta ogni volta che si vuole scaricare qualche foto. Dato che mandare foto in tempo reale è parte della mia routine di lavoro (non per l’agenzia, ma per tutti i lavori miei), è un aspetto abbastanza fastidioso; ma nulla toglie alle caratteristiche intrinseche della nuova ammiraglia.
A proposito del white balance
All’inizio ho riscontrato che il WB era spesso sballato, un problema per i lavori che richiedono un output direttamente in JPEG. Tuttavia con la versione 1.1 del firmware, uscita poco dopo il lancio, si è risolto tutto: nessun problema, quindi, e un WB automatico assolutamente affidabile, come da tradizione Olympus.
Recap: Om1.II rispetto a Em1
cosa non piace
- Il pulsante “alternativo” di on/off, davvero troppo piccolo
- La scarsa visibilità del quadratino verde, che non è regolabile/customizzabile
Cosa piace
- reattiva nell’accensione
- riconoscimento volto utile nella routine di lavoro
- ottimo EVF e in generale esperienza di scatto
- tanta personalizzazione, come sempre
- costruzione solida
Concludiamo: la OM1.II è stata accolta piuttosto freddamente, complice la comunicazione un po’ zoppicante di OM System. E’ stata percepita come un piccolo upgrade rispetto alla markI, così piccolo da essere assimilato a un semplice firmware, criticando quindi il costo elevato della macchina e contemporaneamente la svalutazione improvvisa della prima serie.
Se ignoriamo i vincoli tecnologici e trascuriamo gli aspetti comunicativi, resta un fatto abbastanza semplice. Il riconoscimento volto funziona ed è intuitivo, e questo è un upgrade molto significativo; quello della markI era ottimizzato per l’avifauna, invece questo è efficace anche per gli esseri umani: grazie OM per essere così inclusiva!
Questo salto di qualità è ancora più visibile rispetto alla EM1, sia II che III, con cui il riconoscimento volto non era abbastanza affidabile da garantire un risultato costante in condizioni reali. In primavera ho deciso di fare l’investimento per la OM1.II, e finora non me ne pento affatto. A proposito, grazie a FotoRenata per aver abbracciato il progetto Cicloreporter, e per fornire assistenza e consigli inestimabili. E’ bello avere un riferimento in carne e ossa con cui confrontarsi.
Comunque, il nuovo AF, unito alle piccole migliorie e aggiunte tecniche, fa della macchina uno strumento prezioso di lavoro. Se avessi il budget, non esiterei a comprarne una seconda per razionalizzare il corredo. Al momento, mi godo quella che ho.
That’s the end!
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Urban Cicloreportage. Workshop peladato con Bicierin (Torino)
Dove e quando? Al Bicierin di via Cavour, sabato 16 novembre. Qual è il piano? Di cosa parliamo? Cosa serve? ***Non hai una macchina foto? Scrivimi, possiamo noleggiarti del materiale (e provarne altro: borse, tracolla, marsupio) Quanto costa e come prenoto? Costa 45 euro, che includono colazione e aperitivo. Puoi iscriverti qui, i posti sono…
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From EM1 markIII to OM1 markII as work tool; my experience so far.
Some context: how I shoot, what I shoot Qui c’è la versione in italiano della recensione! Some preliminary remarks are necessary: I am talking about my experience simply because it’s the closest one I have, but this means it is very limited. Everyone has their own way of shooting, therefore everyone encounters different limits and…
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Dalla EM1.III alla OM1.II per lavorare: esperienza sul campo
Premessa: le condizioni di utilizzo E’ necessaria qualche premessa: parlo della mia esperienza solo perché è quella più vicina che ho, e questo significa che è comunque molto limitata. Ognuno ha il suo modo di scattare, quindi ognuno incontra limiti e punti forti diversi nella stessa attrezzatura. Ma tant’è. Ho la macchina da circa 3…
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