2019-20. Come nasce Cicloreporter? Movente, opportunità e mezzi.

2019. Il movente e le opportunità (sprecate).

Cicloreporter nasce dall’incapacità di fare foto decenti e dal tentativo di rimediare al problema.

Non ho mai avuto la passione per questa disciplina (a dire il vero, il mio fervore per l’arte in generale è sempre stato molto scarso), ma nel 2019, anno incredibile, ho avuto tre belle opportunità; le ho sprecate, ed è per questo che sono state importanti.

Luglio, Alta Via dei Monti Liguri

A fine luglio 4 intensissimi giorni a scarpinare sull’AVML con le bici al seguito, insieme a 3 amici. Una scampagnata memorabile da cui è uscito fuori un video e un tot di foto. Quasi tutte sbagliate, anche perché per i primi due giorni ho usato senza saperlo un filtro ultrasaturo, modalità “tokyo notturna” o forse “paura e delirio a Las Vegas”. Scattavo in Jpeg, perciò non ho potuto fare granché per salvare le poche foto che comunque si salvavano.

Agosto, Balcani

Tre giorni dopo il rientro siamo partiti, questa volta in due, per il viaggio di nozze lungo la costa balcanica. Treno, traghetto e infine bici, da Split fino in Grecia (ma non lo sapevamo, stavamo improvvisando) con deviazione nell’entroterra per vedere Sarajevo (fatto) e le gole del Durmitor (rinunciato).

Ci siamo subito ritrovati in 3, adottando Guido di Novara, viaggiatore solitario e vegano relativista. In un mese ho scattato relativamente poco, appena qualche centinaio di foto; volevo, volevamo goderci il viaggio in totale assenza di pensieri. Infatti, senza imparare dai miei errori, ho scattato ancora in Jpeg. Non sapevo quello che facevo, e mancavano anche le montagne liguri a facilitare il compito di fotografare: morale, niente di memorabile, solo alcune foto-ricordo carine. Poco male, perché il viaggio ce lo ricordiamo senza problemi e con un piacere che non sbiadisce.

Settembre, California

Infine, una settimana dopo il rientro da Igoumenitsa, ho avuto appena una settimana per disfare e rifare i bagagli, ma soprattutto per fare una revisione completa alla bici e impacchettarla per benino: sono subito partito per Los Angeles, dove avevo avuto una borsa di studio per qualche mese.

Mi ospita David, conosciuto nel precedente soggiorno a Pasadena grazie a Warmshower. Amico ciclista, veterano del Vietnam e impiegato pubblico in pensione, David passa il tempo a viaggiare per andare a trovare i suoi amici in giro per il mondo, possibilmente in treno o in bici. Avendo lavorato per decenni al Bureau of Land Management, ad ogni uscita in zona David mi racconta le vicende incredibili di quel posto che ha la reputazione di avere “poca storia”: le speculazioni immobiliari di Samuel Huntington durante i decenni del boom economico, la gestione dei parchi e delle foreste, la storia dei geologi che hanno dato i nomi a Mount Deception e Mount Disappointment, poco a nord della città; l’incredibile ferrovia di montagna fino a Mt Lowe; ma anche viaggi in New Mexico, alla locale Las Vegas (nata e fiorita prima di quella del Nevada) e a Santa Fe, a Las Vegas (quella lì), e frequenti visite ai ristoranti asiatici di San Gabriel, con scoperte rimaste ineguagliate.

Poi a inizio novembre una proposta: ti andrebbe di partecipare a questa pedalata fundraising da Big Bear a Mammoth?

Sono 5 giorni in bici, totalmente supportato, dalla località sciistica vicina a L.A. fino a un’altra località sciistica in fondo alla Owens Valley. E’ un weekend lungo, si può fare; l’ostacolo è l’iscrizione, che costa 5000 dollari trattandosi di fundraising. Controproposta: se vengo gratis e faccio supporto logistico e fotografie, va bene lo stesso?

Va benissimo, si parte. Mi assegnano un pickup enorme, 5.700cc, 3km al litro, comfort di ogni tipo e un poggiagomiti abbastanza ampio per lavorare con il laptop. La missione è semplice, devo fare punto rifornimento, scopa e altra generica assistenza al gruppo di pedalatori. Nei tempi morti (molti) lavoro e faccio foto e, ancora una volta, scopro la storia della Owens Valley: Red Mountain, un posto non municipalizzato in cui cercatori d’oro e d’argento accampati in roulotte scavano miniere improvvisate, mentre ai lati della strada si accumulano montagne di arsenico. Il saloon dell’agglomerato ha chiuso qualche anno fa, non è un bel posto in cui stare.

Poi il centro ferroviario di Barstow, snodo dello Stato, e poi Ridgecrest, colpita dal terremoto a luglio, ma praticamente ricostruita del tutto.

Poi le guerre dell’acqua, quelle raccontate da Chinatown, con Jack Nicholson, e i laghi ormai prosciugati per soddisfare la sete di Los Angeles. Poi il campo di concentramento di Manzanar, uno dei sei in cui durante la guerra furono deportate decine di migliaia di persone, cioè tutti gli emigrati giapponesi. E proprio quello fotografato da Dorothea Lange, che coincidenza.

Poi anche Lone Pine, piccolo paese sulla strada che è il centro urbano di riferimento per il tizio di Living in a Ghost Town. Anche in questo caso ho scattato in Jpeg, e salvo 3-4 foto tra tutte quelle fatte.

Però è qui che è nata l’idea: ho avuto la fortuna di scoprire storie affascinanti, e anche tante, e di conoscere persone altrettanto incantevoli; e non sono stato in grado di raccontarle come meritavano. Com’era possibile? Si doveva porre rimedio e rendere giustizia a queste esperienze. Imparare a fotografare decentemente era una sfida.

David, ritorno a LA

2020. L’opportunità e i mezzi

Saltiamo all’anno successivo. Il 2019 era anche l’anno in cui ho scoperto (toh guarda) che mi piacciono i lunghi, le pedalate di tutto il giorno e magari anche la notte. Per dire, quando sono tornato a casa dall’Olanda (2022), il primo giorno ho attraversato 5 confini nazionali (Olanda-Belgio-Olanda-Belgio-Lussemburgo), e quella era una ragione sufficiente per gongolare come un bambino. Poco importa che i luoghi fossero assolutamente privi di fascino.

Quindi, prima con l’AVML, poi negli Stati Uniti ho pedalato il più possibile, usando la scusa del turismo: un weekend a Santa Barbara, la prima vetta a 3000m proprio dietro casa (anzi, da zero a tremila) e altre uscite “locali” a Los Angeles, che significa fare 70km sola andata senza mai uscire dalla città.

Nel 2020, dopo la prima notturna (Partenza alle 18:00, Spotorno-Genova-Alessandria-Torino), rigorosamente con la macchina foto, avevo sentito parlare di eventi organizzati. Con Andrea ci siamo iscritti al Lazio Trail di luglio, pronti all’arrembaggio. 3 giorni, 300km nell’entroterra laziale e soprattutto in Tuscia. Esperienza epica, paesi e panorami straordinari, cucina anche di più.

Come premio del concorso fotografico del trail ho vinto la saddle bag Miss Grape, ancora oggi la mia preferita. Un po’ preso dall’entusiasmo e un po’ dalla stanchezza, chiacchierando con Daniele è venuta fuori l’idea di fare fotografie a eventi gravel/trail, sempre più numerosi.


Qui inizia la fase divertente: inventare il nome, creare il logo, e comprare una macchina foto adatta allo scopo: la mia Em10 ormai è piena di polvere, per di più inizio (appena appena) a intravedere i suoi limiti tecnologici. Così ad agosto compro la Em1mkII, che si trova a prezzacci dato che è appena uscita la mkIII. Ci metto un mese a settarla, anche se in realtà continuo ancora adesso a modificare alcuni parametri (in fondo tutti noi modifichiamo costantemente il nostro setup in bici, no?). Nel frattempo studio, leggo e guardo, per imparare la tecnica fotografica.

A Settembre dello stesso anno arriva l’occasione per testarla, l’Assietta Trail di Andrea Collino. In poco meno di 2giorni scatto più o meno 1500 foto, abbastanza poche: la nuova macchina è più ingombrante, non sta nella borsa di quella vecchia, perciò sto provando nuovi setup e questo qui – con la borsa da manubrio – non va proprio bene, e mi rallenta molto.

Da qui poi inizia una collaborazione con Alessandro Ippolito, che mi permette di crescere molto grazie alla copertura di eventi come il PiemontGravel, il NordOvest e poi tanti altri progetti. Da allora e finora, il passaparola e il mio stalking nei confronti di organizzatori di eventi hanno fatto il resto. La salita continua!

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